La sconfitta politica di Johnson è inevitabile in quanto insita nelle idee e nel principio che hanno portato alla Brexit. Come lui si è posto con l’Europa, così la Scozia si sta ponendo con la Gran Bretagna

Boris Johnson e un buon numero di britannici hanno esultato il 31 dicembre per la riconquistata libertà dall’Europa e può anche darsi che nell’immediato ci guadagnino, blanditi dai tre grandi, Usa, Russia e Cina, smaniosi di dividere l’Europa perché trattando con singoli stati, è predominante la loro potenza; all’inizio faranno coccole, ma anche queste saranno comprese nel conto finale.
La sconfitta di Johnson è inevitabile in quanto insita nelle idee e nel principio che hanno portato alla Brexit. Come lui si è posto con l’Europa, così la Scozia si sta ponendo con la Gran Bretagna.
A preoccuparlo non dovrebbero essere le incognite future su: servizi finanziari della City, immigrazione, movimenti personali, università, industria musicale, business dello sport o la cooperazione fra polizie, quanto l’imporsi come sistema di interessi particolari sull’interesse generale, per cui diventa più facile fare saltare il tavolo, che mettere pazientemente a posto i pezzi.
La first minister indipendentista scozzese e leader nazionalista dell'Snp, Nicola Sturgeon, lo scrive apertamente. "La Scozia tornerà presto, Europa. Tenete la luce accesa", fortemente motivata a rifare il referendum per la secessione.
Come stupirsi se applica alla sua regione quanto Johnson ha applicato alla sua nazione e così torniamo al solito punto: non si rimedia all’attuale villaggio globale innalzando muri, ma facendolo diventare il villaggio di ‘tutti’, nel quale ognuno può essere diverso, ma con pari doveri e diritti.